Barrichello campione in Brasile a 50 anni

Chi non ricorda Rubens Barrichello? I suoi 6 anni in Ferrari con 9 vittorie in piena era Schumacher. Le sue 19 stagioni i Formula 1 tra Jordan, Stewart, Ferrari, Honda, Brawn e Williams con 323 gran premi (e 11 successi). A 50 anni (compiuti il 23 maggio) è ancora lì fuori che corre e vince.

Nella notte europea ha conquistato a Interlagos il suo secondo campionato Stock Car. E ovviamente ha festeggiato piangendo…

“Devo solo ringraziare le tante persone che fanno il tifo per me. Questo è il giorno più felice della mia vita provo un’enorme gratitudine. Ringrazio Interlagos, l’amore della mia vita. Interlagos mi ha regalato qualcosa che aspettavo da tempo. Non poteva non essere così, con le persone che amo e che sono al mio fianco”, ha detto.

Ecco il ritratto che gli ho dedicato nel mio La Ferrari in 50 ritratti edito da Centauria vedi qui

Di Rubinho si ricordano più le lacrime che tutto il resto, ma poi leggi le statistiche e ti accorgi che ha vinto 9 gare in Ferrari, solo una in meno di Kimi Raikkonen che a Maranello è diventato campione del mondo. Brasiliano, con origini e cittadinanza italiana (i nonni erano originari di Castello di Godego in provincia di Treviso), è stato in Ferrari sei stagioni, quelle del dominio di Michael Schumacher.

Se sei il compagno di squadra di uno così devi saperti accontentare delle briciole. Rubinho non sempre ci è riuscito, qualche volta lo hanno anche fatto arrabbiare come quando in Austria nel 2002, Jean Todt lo costrinse a cedere la vittoria a Schumi. Rubens alzò teatralmente il piede solo a pochi metri dal traguardo e poi Schumi lo volle con sé sul gradino più alto del podio, cedendogli per gran parte della cerimonia proprio il posto del vincitore. Una mossa che costò una multa di un milione di dollari alla Ferrari. I due arrivarono in volta anche a Indianapolis, ma quella volta fu Rubinho a prevalere di 11 millesimi. Un favore restituito? O forse una furbata del brasiliano… visto che secondo Michael stavano cercando di tagliare insieme il traguardo.

Era l’agnello sacrificale. L’uomo che non poteva vincere se non solo a mondiale deciso. Eppure Rubinho era stato determinante nel 2000, l’anno del primo mondiale di Michael, quando con il suo compagno fuori gioco, andò a vincere il Gran premio di Germania sottraendo punti importanti ad Hakkinen e Coulthard, gli avversari di Schumi per il titolo. Con Michael andava d’accordo, sapeva di non essere alla sua altezza e giocava di squadra, anche se ogni tanto gli veniva da lamentarsi. Ha chiuso due volte al secondo posto nel mondiale, ha contribuito alla vittoria di 5 titoli Costruttori.

Non era Schumacher, ma un ottimo scudiero. Non è stato sfortunato a trovare Schumi in squadra, è stato piuttosto fortunato a vivere dall’interno quegli anni straordinari, a essere parte di una squadra imbattibile.

La sua grande occasione l’avrebbe avuta qualche anno dopo alla BrawnGp, ma anche quella volta ha finito con l’esser battuto dal compagno di squadra che non era Schumi, ma solo Button.

Ridi Rubinho ridi, che la vita ti ha voluto bene come in quel venerdì del 1994 a Imola, quando con il suo incidente cominciò il weekend più nero della storia della Formula 1.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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